- Panta Rei segnala Articoli
Simona Ceccia Politecnico di Torino Dipartimento di Scienza dei Materiali ed Ingegneria Chimica C.so Duca degli Abruzzi 24- 10129 Torino simona.ceccia@polito.it
Gli articoli segnalati presentano come oggetto di discussione i materiali nanocompositi partendo da una review che affronta l’argomento in modo generale per poi passare a lavori in cui la reologia è usata come strumento di indagine della morfologia del materiale preparato.
L’articolo di Giannelis et al. è un’ottima introduzione generale ai sistemi nanocompositi. Esso illustra i diversi tipi di morfologia che possono generarsi rinforzando una matrice polimerica con una carica inorganica nanoscopica di forma lamellare. Il tipo di dispersione della fase inorganica dipende dall’interazione tra polimero e argilla, e provoca le proprietà finali del manufatto. Gli autori forniscono un’ampia panoramica delle diverse tecniche sperimentali utilizzate per determinare il tipo di morfologia dell’ibrido.
Da un punto di vista strutturale due tipi di nanocompositi lamellari sono possibili: la struttura intercalata in cui poche catene polimeriche sono inserite nelle gallerie tra le lamelle; la struttura esfoliata in cui le lamelle sono ben disperse nella matrice polimerica e non possono interagire tra loro. Giannelis et al. hanno evidenziato quanto sia complesso definire il tipo di morfologia dell’ibrido attraverso una singola metodica sperimentale. Generalmente, uno studio approfondito richiede la convergenza di risultati sperimentali ottenuti con tecniche diverse.
Tra queste l’analisi ai raggi X e al microscopio elettronico sono metodi diretti per definire se il materiale preparato sia esfoliato o semplicemente intercalato. Questi strumenti, seppur utili, non possono fornire risposte sicure sulla morfologia, pertanto ad essi si può associare un metodo di indagine indiretto, come la reologia, che valuta il comportamento del materiale a livello macroscopico.
L’ultima sezione della review è dedicata alle caratteristiche reologiche del nanocomposito evidenziate da esperimenti in oscillatorio e in transitorio. Credo sia importante sottolineare la differenza prodotta sulla reologia del sistema da lamelle di silicati interagenti o non-interagenti.
Quando il filler non è caratterizzato da forti interazioni tra particelle e particelle-polimero il comportamento reologico del materiale è dominato dalle proprietà del polimero, con un aumento di viscosità provocato dall’aggiunta delle particelle solide. Quando le interazioni tra particelle e particelle-polimero non sono trascurabili compare il fenomeno di yield stress associato al comportamento non-terminale dei due moduli dinamici. Il significato di una risposta simile-solido alle basse frequenze di oscillazione è approfondita dai lavori riportati nel seguito.
Ren et al. prendono in considerazione un materiale nanocomposito ricavato dalla dispersione di silicati lamellari in una matrice copolimerica a blocchi. Lo spettro di diffrazione ai raggi X mette in luce una struttura dell’ibrido intercalata. I fattori di shift della frequenza e dei moduli ricavati dai dati di viscoelasticità lineare risultano essere indipendenti dalla frazione di silicati suggerendo un meccanismo di rilassamento del sistema indipendente dalle lamelle. Il modulo di rilassamento calcolato dalla risposta viscoelastica dinamica è in ottimo accordo con il modulo misurato, e diventa indipendente dal tempo all’aumentare della frazione di componente inorganico pur trattandosi di una struttura non esfoliata.
Considerando la natura anisotropa degli strati di silicato, Ren et al. considerano il sistema formato da pile di dischi ordinati che al disopra di una frazione volumetrica critica si ostacolano vicendevolmente impedendo il completo rilassamento del materiale. Attraverso la teoria della percolazione è possibile quantificare le dimensioni medie degli agglomerati di lamelle, ed il dato così ricavato è in accordo con valori ricavati da altre metodiche sperimentali. Un sistema così fortemente anisotropo ha la tendenza ad assumere un orientamento lungo una direzione preferenziale quando si applica una deformazione di grande ampiezza. In una situazione di questo tipo gli effetti idrodinamici, dovuti alla presenza di particelle, determinano un minor incremento dei moduli dinamici.
Il comportamento del materiale a tempi lunghi è stato attribuito all’esistenza di una struttura delle pile di lamelle a network percolato incapace di rilassare completamente.
Il contributo principale di Solomon et al. è dovuto all’utilizzazione di tecniche reologiche per caratterizzare la dinamica di formazione e rottura del network di silicati. Al pari di Ren et al., la struttura del nanocomposito rivelata dai raggi X risulta intercalata piuttosto che esfoliata. Invertendo dopo una pausa il verso del flusso di shear cui si sottopone l’ibrido, si assiste ad un’evoluzione della risposta reologica collegabile alla dinamica della morfologia, che dipende dall’intervallo di riposo che precede l’inversione.
Infatti, l’applicazione iniziale di un flusso sufficientemente forte tende ad allineare le lamelle inorganiche nella direzione del flusso, ma, al cessare del moto imposto, forze di tipo Browniano o interazioni tra particelle spingono il sistema verso una situazione di maggior disordine. Quanto più tempo il sistema rimane in quiete tanto più si perde il grado di allineamento provocato dallo scorrimento precedente. Dagli esperimenti consegue che la struttura a network eventualmente presente all’inizio non è frutto di un equilibrio termodinamico stabile, ma può essere modificata da un flusso forte. Infine, l’evoluzione dello stress durante il transitorio al variare della shear rate sembra dipendere dalla deformazione applicata. Tale evidenza suggerisce che il materiale non possieda una scala caratteristica dei tempi di rilassamento al pari di alcune soluzioni di cristalli liquidi polimerici e sospensioni di bacchette e dischi non-Browniani.
La struttura determinata sperimentalmente risulta essere termodinamicamente instabile e l’evoluzione della stessa per ricostituire un network durante la fase di quiete sembra non derivare da un rilassamento di tipo Browniano, ma da forze attrattive tra lamelle. Zhang e Archer affrontano l’argomento esaminando un sistema esfoliato costituito da nanosfere disperse in modo omogeneo nella matrice polimerica. L’influenza del rinforzo sulle proprietà viscoelastiche è stata indagata al variare della frazione volumetrica e delle proprietà superficiali della fase inorganica e del peso molecolare del polimero. Gli autori calcolano la frazione volumetrica effettiva prendendo in considerazione lo strato di catene polimeriche immobilizzato sulla superficie delle sfere.
La frazione effettiva risulta essere molto più grande della frazione reale, pertanto la soglia di percolazione teorica del sistema si raggiunge con frazioni reali del rinforzo molto basse. A conferma di ciò, gli esperimenti di tipo oscillatorio condotti mostrano l’esistenza di un comportamento del materiale alle basse frequenze di oscillazione simile a quello di un solido.
L’esistenza di un network può spiegare la risposta del materiale che non rilassa alle basse frequenze studiate in oscillatorio. Le dimensioni ridotte delle particelle e le forti interazioni tra matrice polimerica e particelle consentono la formazione di un network anche a basso contenuto di nanosfere. Il modulo di rilassamento ottenuto sperimentalmente mostra la presenza di due regioni distinte di rilassamento attribuite rispettivamente alle catene polimeriche libere e alle catene immobilizzate sulla carica inorganica.
Gli autori di questo lavoro hanno convertito attraverso le trasformate di Fourier il modulo G in modulo elastico e modulo viscoso.
I moduli ottenuti dalla trasformazione concordano con i dati sperimentali dove questi sono disponibili, e permettono inoltre di osservare che a frequenze bassissime (non analizzabili in dinamico) il nanocomposito recupera sempre il comportamento terminale. Questa evidenza mostra il carattere comunque temporaneo del network che si forma quando si supera la concentrazione critica di carica. Il nanocomposito utilizzato in questo lavoro è chiaramente un sistema modello, ma le conclusioni cui pervengono gli autori rappresentano un ottimo spunto anche nell’interpretazione del comportamento di materiali reali qualora ci sia interazione tra particelle e polimero.
Bibliografia
1. Giannelis EP, Krishnamoorti R, Manias E, (1999), Polymer-Silicate Nanocomposites: Model Systems for Confined Polymers and Polymer Brushes, Advances in Polymer Science, 138, 107-147.
2. Ren J, Silva AS, Krishnamoorti R, (2000), Linear Viscoelasticity of Disordered Polystyrene-Polyisoprene Block Copolymer Based Layered-Silicate Nanocomposites, Macromolecules, 33, 3739-3746.
3. Solomon MJ, Almusallam AS, Seefeldt KF, Somwangthanaroj A, Varadan P, (2001), Rheology of Polypropylene/Clay Hybrid Materials, Macromolecules, 34, 1864-1872.
4. Zhang Q, Archer LA, (2002), Poly(ethylene oxide)/Silica Nanocomposites: Structure and Rheology, Langmuir, 18, 10435-10442.